Schegge festivaliere – Film da Cannes, Venezia, Berlino, Locarno
Una bella carrellata fra i più prestigiosi festival europei.
Sull’onda delle esperienze delle ultime due stagioni, nelle quali il Circolo del cinema Bellinzona aveva presentato le rassegne Sei film imperdibili e Prove d’autore, mentre LuganoCinema93, il Circolo del cinema di Locarno e il Cineclub del Mendrisiotto, il maggio scorso, si erano limitati al Festival di Cannes con Sur la Croisette, viene ora proposta su scala più larga una carrellata di film provenienti dai principali festival europei. Nella scelta dei titoli abbiamo deciso, quando possibile, di privilegiare registi che ci hanno deliziato con diversi film nelle ultime stagioni, come Ryûsuke Hamaguchi (ricorderete Drive my car o Wheel of fortune and fantasy) o Hirokazu Kore- da, a cui avevamo dedicato una rassegna e di cui presentiamo l’ultimo film Monster (musica di Ryuichi Sakamoto), o il rumeno Radu Jude con il film premiato a Locarno: N’attendez pas trop de la fin du monde. Il Circolo del cinema di Locarno si è concentrato su Giappone e Cina, due paesi assenti nella rassegna di dicembre 2023 di Cinema dal mondo. In ogni caso non sono da meno le altre opere, alcune di autori già noti al nostro pubblico quali Nicolas Philibert (Sur l’Adamant cade proprio nel centenario della nascita di Franco Basaglia) e Bertrand Bonello (La bête, un film che ha fatto molto discutere). Tutte da scoprire invece le opere di Kôji Fukuda (che si può considerare molto vicino a Ryûsuke Hamaguchi) e del giovane regista cinese Wei Shujun, presente con due film (Ripples of life e Only the river flows). Il primo passerà solo a Locarno, il secondo anche a Bellinzona. Da tenere d’occhio Molly Manning Walker (How to have sex) e Paul Preciado (Orlando), entrambi solo a Mendrisio. Non tutti questi film sono stati premiati dai festival a cui hanno partecipato, ma il criterio principale della nostra scelta, come sempre, è stata la qualità.
Giancarlo De Bernardi, Circolo del Cinema di Locarno
Mercoledì 1° maggio, ore 18.00
ORLANDO, MA BIOGRAPHIE POLITIQUE
Francia 2023
Regia e sceneggiatura: Paul B. Preciado
Fotografia: Victor Zebo
Produzione: Les Films du Poisson, 24images
Colore, v.o. francese, sottotitoli tedesco, 98’
Premio speciale della giuria Encounters, Menzione speciale della giuria Documentari, Teddy Award Miglior documentario, Berlino 2023
In collaborazione con ChiassoLetteraria “Pensieri selvaggi”.
Introduzione al film e al pensiero di Preciado a cura dello scrittore e giornalista culturale Lou Lepori.
Orlando, ma biographie politique è un film documentario francese del 2023. Il regista ha organizzato un casting, riunendo 26 persone trans e non binarie, di età compresa tra 8 e 70 anni, per far emergere l’Orlando del romanzo di Virginia Woolf del 1928. A quasi un secolo dalla pubblicazione, il filosofo e attivista queer Paul B. Preciado ha scritto una lettera post-mortem indirizzata all’autrice, ma anche a coloro che lottano ogni giorno delle loro vite per trovare la forza di andare alla ricerca di sé stessi in un mondo che, immerso nelle sue etichette e nelle sue categorizzazioni, figlie della paura dell’ignoto e di ciò che è libero, non ha l’abilità di vederli e di accompagnarli verso il raggiungimento di uno spazio legittimo. Uno spazio dove possano sentirsi accettati, ascoltati e considerati. Come ogni altro essere umano. Si tratta di un manifesto politico radicale, punk e poetico che si confronta con quest’opera profetica. Sostenuto da un cast spumeggiante, Preciado parte con la sua telecamera per incontrare gli Orlando del XXI secolo. Tra documentario e finzione, saggio personale, analisi storica e facezia letteraria, questo film inclassificabile si impone come il manifesto della rivoluzione “orlandiana” che sta arrivando. (elaborato in parte da www.movieplayer.it)
Mercoledì 8 maggio, ore 20.45
HOW TO HAVE SEX
Regno Unito, Grecia 2023
Regia e sceneggiatura: Molly Manning Walker
Fotografia: Nicolas Canniccioni
Montaggio: Fin Oates
Musica: Jakwob
Interpreti: Mia McKenna-Bruce, Lara Peake, Shaun Thomas, Samuel Bottomley, Enva Lewis e Laura Amber
Produzione: Film4 productions, Head Gear Films, British film institute, mk2 films
Colore, v.o. inglese; st. francese; 91’
Premio Un certain regard Cannes 2023
Tre adolescenti, Tara, Skye ed Em, partono dopo aver terminato la scuola per vivere quella che sperano sia la migliore vacanza della loro vita. Oltre a sole, balli sfrenati e alcol a fiumi, le ragazze progettano di fare sesso durante il viaggio. Tara, l’unica vergine del trio, sente la pressione di eguagliare le esperienze sessuali delle sue amiche. All’albergo conoscono i giovani Badger, Paddy e Paige, con cui le ragazze trascorrono una serata all’insegna del divertimento.
How to Have Sex è un film straordinariamente ben fatto e anticonvenzionale, dalla regia sicura e notevole per una filmmaker alle prime armi. Una visione autentica e coraggiosa dell’adolescenza, priva di sentimentalismi ma anche ben lontana dai sensazionalismi furbetti che sfruttano la messa in scena degli eccessi adolescenziali e della gioia edonistica della gioventù per spettacolarizzarli. Non c’è mai malizia nello sguardo di Walker sulle attività proibite dei giovani, sulle loro insicurezze e paure, solo comprensione, delicatezza, empatia e buoni propositi. La narrazione non è mai didascalica, le tematiche della pellicola sono affrontate in modo crudo eppure sottile, quasi sussurrato. È soprattutto Tara la protagonista principale e la macchina da presa si sofferma sul volto e sugli sguardi dell’attrice e questo basta a palesare i sentimenti inespressi del suo personaggio. Essa fa parte di una generazione basata sul principio del non detto e del non affrontato, e così anche lei decide di non parlare esplicitamente dell’accaduto, stabilendo che per il suo benessere psicologico e sociale è preferibile tacere. Il bisogno di accettazione prevale, per tutta la durata del film, su ben altre e più cruciali esigenze. Quella della McKenna è un’interpretazione spettacolare (ma anche il resto del cast fa un lavoro esemplare), che irradia vulnerabilità, paura e vergogna con toccante delicatezza. Senza mai attingere ai toni della tragedia, la Walker si appropria di una gamma tonale mutevole che passa dalla commedia al dramma, sfruttando al massimo una sceneggiatura (sempre sua) nitida, intelligente e avvincente, incalzante e perspicace. Quando si sofferma sull’amicizia fra Tara ed Em, è tangibile la tenerezza, la sincerità e la sensibilità che caratterizzano il rapporto, un elemento rincuorante che rende dolceamaro il ricordo del film dopo la visione di questo coming of age malinconico e importante. (elaborato da www.wired.it)
Mercoledì 15 maggio, ore 20.45
SUR L’ADAMANT
Francia, Giappone 2023
Regia: Nicolas Philibert
Sceneggiatura: Linda De Zetter, Nicolas Philibert
Fotografia e montaggio: Nicolas Philibert
Suono: Erik Menard
Produzione: TS production, France 3 cinéma, Longride
Colore, v.o. francese; st italiano; 109’
Orso d’oro Berlino 2023
L’Adamant è un centro di cura unico nel suo genere. Struttura galleggiante situata sulla Senna, nel cuore di Parigi, accoglie adulti affetti da disturbi mentali, offrendo un tipo di assistenza che li aiuta a collocarsi nello spazio e nel tempo e a mantenere alto il morale. Un documentario di osservazione, animato e reso vivo da uno slancio empatico immediato.
Sull’Adamant si incontra una realtà complessa, in cui si può toccare con mano la sofferenza, il disagio, il senso di frustrazione e di isolamento. Eppure il dramma e la tensione sono tali da emergere da soli. Bastano i dialoghi, le testimonianze, certi sguardi smarriti, i balbettii, i movimenti, alcuni discorsi che seguono logiche di senso misteriose. Non c’è bisogno di sottolineature. E infatti Philibert sceglie un approccio più lieve, a tratti quasi giocoso. Addirittura, sembra suggerire un’ipotesi di musical o un happening di momenti performativi. A cominciare dall’esplosiva canzone dei Television con cui si apre il film, La bombe humaine, interpretata in maniera travolgente da uno dei pazienti. Per poi continuare con assoli di chitarra elettrica, composizioni personali, che vanno dall’esistenzialismo alla psichedelia (fenomenale il vecchio “artista” che riattraversa la cultura degli anni ’60-’70, svelando connessioni e chiavi di lettura non convenzionali). Mentre, tra discussioni assembleari wisemaniane e pause al caffè, sessioni di disegno e pittura, rassegne di film e discussioni cinefile, l’Adamant si racconta come uno spazio aperto. Non una prigione, nonostante le convinzioni comuni sugli ospedali psichiatrici. Ma un luogo in cui le modalità di intervento terapeutico dialogano con la partecipazione attiva dei pazienti. Un posto in cui scegliere di stare, come il miraggio di una casa. Almeno finché sarà possibile, conclude Philibert, con una certa malinconia. (elaborato da www.sentieriselvaggi.it)
Mercoledì 22 maggio, ore 20.45
MONSTER (Kaibutsu)
Giappone 2023
Regia: Hirokazu Kore-eda
Sceneggiatura: Yuji Sakamoto
Fotografia: Ryuto Kondo
Musica: Ryuichi Sakamoto
Montaggio: Hirokazu Kore-eda
Interpreti: Sakura Andô, Eita Nagayama, Sôya Kurokawa, Yûko Tanaka
Produzione: Gaga, Toho, Fuji Television, AOI, Bun-baku
Colore, v.o. giapponese; st. francese, tedesco; 125’
Queer Palm e Miglior sceneggiatura Cannes 2023
Monster si svolge in Giappone, in una tranquilla cittadina sul lago. Il piccolo Minato è figlio di una madre single molto affettuosa e la vita scorre serena. Un giorno il bambino torna da scuola e la donna si accorge che ha comportamenti strani come tagliarsi i capelli e tornare a casa con una sola scarpa. Una notte, Minato non torna affatto a casa e dopo aver chiamato in giro, Saori, la madre, lo trova in un tunnel ferroviario abbandonato. Saori inizia ad insospettirsi… Per darvi qualche indizio in più, pensate al grande film di Nuri Bilge Ceylan Le erbe secche, Cinema dal mondo 2023.
Il migliore Kore-eda dai tempi di Shoplifters (Affari di famiglia), premiato con la Palma d’oro. Kore-eda non perde il suo tocco umanista, la sua capacità di leggere dentro allo star male di adulti e non adulti, sfiorando temi assai sensibili e contemporanei: il sempre più rischioso rapporto insegnanti-allievi, le famiglie sghembe, bambini e bambine sospesi tra famiglie biologiche perlopiù disfunzionali e famiglie edificate sull’affinità e non sulla legge del sangue. Anche in Monster Kore-eda non abbandona il mondo dei ragazzini, suo universo tematico d’elezione, ma lo fa rinfrescando coraggiosamente lo schema, adottando un andamento spiraliforme da thriller-indagine dell’interiorità, tempi rallentati per dare il tempo ai personaggi, rappresentati minuziosamente, di uscire allo scoperto con la loro complessità. Si passa attraverso vari stadi nell’edificazione della storia, ognuno segnato da una verità che pare autoevidente e incontestabile e che invece verrà ridiscussa al tornante successivo. Sono almeno tre le (finte?) verità prima di arrivare a quella conclusiva, sulla quale però aleggia una non del tutto dissolta ambiguità o se si preferisce indeterminatezza. E come si fa – siamo in Gappone, siamo nel cinema giapponese – a non pensare che Monster sia un omaggio in codice al leggendario Rashomondi Akira Kurosawa? Anche per il susseguirsi e l’alternanza di diversi punti di vista nel rimodellare i fatti e rimettere insieme i pezzi di una storia che dire pluristratificata è dir poco. In una sapienza costruttiva che molto deve alla sceneggiatura ingegneristico-hitchcockiana di Yuij Sakamoto (quanto all’altro e più famoso Sakamoto, Ryuichi: è lui a firmare le musiche e a lui, da poco scomparso, è dedicato Monster). (elaborato da www.nuovocinemalocatelli.com)